Differenziare, fare la più piccola distinzione sensoriale possibile tra i movimenti, costruisce le mappe del cervello. Dott. Norman Doidge dal libro The brain that changes itself.
Dopo una lezione Feldenkrais® succede spesso che gli allievi si sentano più grandi, più larghi, estesi e leggeri. Questo accade perché esplorando con attenzione movimenti molto sottili e differenziati, per esempio chiarendo il linguaggio del polso rispetto a tutto il braccio, in realtà stiamo mappando il corpo nella nostra mente, e questo porta a una mappa del cervello più ridefinita, quindi a una nuova percezione di sé.
Durante la prima edizione del Drin 2022 (Drin è una serie di conferenze su come fare ricerca nella contact improvisation) ho avuto l’occasione di invitare il danzatore e neuroscienziato Joaquin Alfei, il quale ha condotto un laboratorio che lui ha chiamato Affor[dances]: a Contact Improvisation lens. Per due giorni abbiamo esplorato le diverse modalità che il danzatore ha per fare ricerca attraverso il movimento. Uno scienziato usa l’osservazione, il filosofo la dialettica. Quando un danzatore o mover fa ricerca usa il suo proprio corpo come oggetto della sua indagine. Una delle tematiche che abbiamo discusso è stata la caduta, ossia che cosa succede quando cadiamo e come si può arrivare a formule di cadute fluide. Sono emerse domande molto divergenti come: da dove parte la caduta? Come posso cadere in maniera da diffondere il mio peso per essere più leggero? Dove si insinua la paura mentre cado? Come posso esplorare l’inizio di una caduta?
Le domande ci hanno permesso di accedere ad un linguaggio del corpo decodificato e scomposto. Frammentando i movimenti e differenziando le singole parti abbiamo notato che la mente e il corpo diventano abili nell’ adattarsi agli imprevisti, come se riuscissero a prevedere l’incidente e a prendere altre vie di fuga generando risoluzioni davvero brillanti e creative. Spesso pensiamo che la via per risolvere un problema sia solo una e se non riusciamo a farcela falliremo. In realtà ci sono infinite vie per raggiungere uno stesso obbiettivo e l’unico modo per scoprirle è dedicarsi al gioco e all’esplorazione. C'è uno strumento che tutti noi conosciamo e che possiamo contemplare per allenare la nostra intelligenza emotiva, fisica, psicologica e sensoriale: il corpo fisico. Sì ma da dove cominciamo? Vi chiederete. Esplorare la caduta può richiedere l’acquisizione di schemi senso-motori basici necessari per poter indagare senza farsi male. Si può partire da cose molto più piccole e nascoste, per esempio portando semplicemente l’attenzione al proprio movimento. In tutti noi esiste un senso un po' latente, che ci permette di fare la più piccola distinzione sensoriale tra i movimenti, che si chiama senso cinestetico. Facciamo un passo indietro.
I sensi sono delle finestre sul mondo che ci permettono di interagire con l’ambiente esterno. Nella società di oggi facciamo abuso del senso della vista a discapito dell’olfatto o del tatto. Se pensiamo solo a quello che saremmo in grado di fare senza l’uso della vista le attività possibili si ridurrebbero enormemente. Tuttavia c'è un senso che alcuni definiscono sesto senso che ci permette di orientarci nello spazio senza bisogno di vedere. È Il senso cinestetico il quale permette la cinestesia, cioè quella forma di sensibilità propriocettiva i cui recettori sono disposti nei muscoli, nei tendini e sulla pelle. Per riassumere brevemente la sua funzione, grazie a questo senso possiamo capire come ci stiamo muovendo anche al buio e farlo con una certa funzionalità e grazia. Cioè, siamo in grado di restare in equilibrio sui due piedi, di correre, di prendere un bicchiere d’acqua e portarlo alla bocca.
Torniamo al punto di prima. Per allenare la mente a stare connessa con il corpo e viceversa c’è un esercizio molto utile che ci ha donato Joaquin Alfei durante il suo workshop, Democratizing vision – ‘blinded’ walk in duets, è un bell’esempio di come possiamo allenare la nostra percezione al senso cinestetico. Consiste in dividersi a coppie e andare a fare una passeggiata in natura. L’unica particolarità è che uno dei due partner ha gli occhi chiusi. Scommetto che da piccola ti sarà già capitato di trovarti a gironzolare nel vuoto con un tuo compagno alla guida. Quando la vista diventa silente gli altri sensi iniziano a risvegliarsi e ad avere spazio per ricevere nuove sensazioni. A me è capitato di iniziare a percepire le diverse qualità di terreno sotto i piedi in maniera così nitida che mi sembrava di stare a piedi nudi. Sentivo il legno, il morbido, l’erba, il cemento duro. Poi ascoltavo il fruscio delle foglie tra gli alberi e in assenza della visione, gli alberi mi sembravano avvolgermi tutta, come se non ci fosse separazione tra me e loro. Sensazioni che ho potuto discernere grazie al fatto di aver tolto uno stimolo molto forte come quello della vista, che spesso impedisce di vedere altro, incuriosendo il mio cervello a visitare la nuova realtà attorno. A volte per cambiare il mondo basta cambiare il punto di ascolto.
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